
Fonte nerdplanet.it Articolo scritto da PIERLUIGI BELLINI
È da poco passato il Dantedì, il giorno che celebra la figura di Dante Alighieri, colui che per primo in occidente ha varcato la soglia dell’oltretomba visitando i tre regni del divino di matrice cristiana: Inferno, Purgatorio e Paradiso. Incontrando personaggi di ogni tipo, il Sommo Poeta, guidato da Virgilio inizia un’avventura lunga 14.233 versi che nel corso dei secoli hanno ispirato centinaia, se non migliaia di scrittori, pittori, registi e sviluppatori di videogiochi.
Titoli come Dante’s Inferno per Commodore 64, Devil May Cry per PlayStation 2 o Dante’s Inferno per PlayStation 3 e Xbox 360, ricalcano più o meno fedelmente il sacro viaggio iniziato da Durante di Alighiero degli Alighieri (questo il suo nome completo) nel 1321.

Tuttavia, sin dalla sua comparsa sulla terra l’uomo ha sempre sognato di visitare “mondi altri” che lo aiutassero ad incontrare i propri dei; questo è particolarmente vero in Giappone, paese in cui l’industria videoludica ha permesso a milioni di persone, sia in patria che all’estero, di visitare sia lo “Yomi no Kuni” (黄泉の国), il regno dei morti Shintoista, che i Jigoku (地獄), gli inferni della religione buddhista.
A tutt’oggi, sempre in più paesi, le religioni sono soggette ad uno specifico interesse, sia in ambito accademico che nella cultura di massa; questo è particolarmente vero nell’ambito della cultura pop. Kikikaikai, Shin Megami Tensei, Jigoku Meguri e soprattutto Ōkami sono solo alcuni esempi di come il concetto di sacro si sposa perfettamente con il mondo dei videogiochi.
Parlando del Giappone, non possiamo che partire dallo Shintō, la religione autoctona giapponese; risalente alla più remota antichità, questa religione politeistica venera i Kami, le forze della natura che venivano pregate per avere buona fortuna nei raccolti, nel commercio e in tutte le altre attività che sfuggono al pieno controllo degli uomini.

Inizialmente i Kami non venivano rappresentati iconograficamente, ma venerati in piccoli templi solitamente eretti vicino ai corsi d’acqua, sulle cime delle montagne e nel cuore delle foreste. Tutto è cambiato con l’arrivo del Buddhismo, ovvero da quando le divinità di queste due religioni si sono fuse in un fenomeno unico chiamato Shinbutsu-shūgō, il sincretismo di Shintō e Buddhismo.
È soprattutto grazie a lui se abbiamo avuto la possibilità di impersonare Amaterasu (la Dea del Sole e divinità più importante nel ricchissimo pantheon Shintō) ed affrontare demoni di chiara ispirazione buddhista come gli infuocati Wanyūdō, o se in Shin Megami Tensei abbiamo potuto negoziare allo stesso tempo sia con Seiten Taisei, Izanami e Izanagi; perché, sì, il Giappone è davvero la terra degli dei!
A nostra disposizione abbiamo letteralmente dozzine di titoli nei quali il concetto di sacro viene sviscerato, adattato e reso fruibile; classici senza tempo come il Kojiki, il Libro Giapponese dei Morti e il Mahābhārata, sono stati ricreati per offrirci sempre più epiche sfide nel quale dei, uomini e interi universi subiscono enormi cambiamenti sia dalle forze del male che da quelle del bene.

Nel capovaloro Ōkami, che proprio quest’anno festeggia il suo quindicesimo anniversario, siamo in grado di ritrovare alcuni degli aspetti più importanti della cosmogonia Shintō narrati in modo magistrale con uno stile grafico che si rifà alla tecnica pittorica del Sumi-E. Vediamo insieme alcuni di questi elementi:
🌸 Il Takama-ga-Hara (la distesa dell’ampio cielo): un immenso spazio collegato alla terra dal ponte chiamato Ama-no-Hashi (la gradinata celeste). Come il Bifrost della mitologia nordica, esso permette alle divinità di raggiungere il nostro mondo ed una volta sbrigati i loro affari, ritornare facilmente nel loro regno.
🌸 L’albero di Sakaki: l’albero sacro dello Shintoismo al quale è stato appeso lo specchio in cui si è riflessa l’immagine di Amaterasu e che si dice sia custodito nel santuario di Ise.
🌸 Il Mitama: l’augusto gioiello intriso dello spirito dei Kami e che normalmente è riposto nella parte più interna e segreta dei santuari. Questo particolare oggetto è il mezzo che permette agli dei di ascoltare le preghiere dei fedeli ed eventualmente intervenire in loro favore.

Il mito racconta che esistono ben 800 miriadi di dei (八百万の神達 – Yaoyorozu no Kami-tachi); grazie alla creatività giapponese, infatti, esistono divinità del vento, del fuoco, dei fulmini e dell’acqua, ma anche divinità più bizzarre protettrici di oggetti di uso quotidiano come fornelli, pentole, pozzi e… latrine!
Ōkami, Sakuna: Of Rice and Ruin, Ganbare Goemon, Kikikaikai, Asura’s Wrath sono solo una manciata dei videogiochi nel quale il potere dei Kami e delle divinità buddhiste viene trasmesso come in una sacra osmosi, a milioni di giocatori in tutto il mondo.
Come vere e proprie matsuri virtuali, attraverso di loro abbiamo la possibilità di imparare qualcosa in più sulle tradizioni religiose dell’Asia Orientale.